
Paolo Seminara è uno di quei personaggi dell’occhialeria che ha fatto la storia recente del settore nel nostro Paese.
Sicuramente è merito suo se in Italia il concetto di occhiale è decollato passando da quello di protesi per correggere un difetto visivo, a quello di strumento di moda in grado di caratterizzare la nostra vita e il nostro aspetto quotidiano. A Firenze gli è stata consegnata una targa che ricorda il suo ruolo e il suo impegno in un mondo in cui il suo nome ha un significato grande e profondo. Premiazione che è stata officiata da Mario Casini, altro nome storico del settore che non ha bisogno di presentazione.
Paolo Seminara, come e perché nasce questo lavoro che in Italia possiamo dire è stato inventato proprio da te?
“Possiamo dire che è perché me ne sono accorto prima? Perché ho cominciato prima di altri? In effetti tutto nasce anche da una mia questione personale. Da studente portavo occhiali da vista e evitavo accuratamente di metterli, perché non mi piacevano, erano solo uno strumento per vedere e non certo rendevano il viso migliore o più piacevole da guardare. Un po’ mi vergognavo di portare gli occhiali. Erano piccoli, brutti e poi diventavi inevitabilmente proprio un quattr’occhi. Quando mi diplomai ricordo bene quale era l’atteggiamento verso gli occhiali da vista. Quasi di distacco e di sospetto.”
Quindi la scelta di disegnare occhiali è figlia di un istinto di autodifesa?
“Sì, proprio così. È da qui che nasce il mio desiderio di andare a vedere come migliorare la protesi occhiale e come renderla accettabile da me stesso e quindi anche dagli altri. Così ho iniziato a studiare e la fortuna mi ha aiutato, perché proprio in quel momento arrivarono le lenti in CR39 di diametro 72. Questo mi diede la possibilità di realizzare degli occhiali avvolgenti di diametro sopra i 60, caratterizzati da leggerezza e dall’essere sottili. Da li partì il progetto Vogue.
Da dove arriva la scelta del nome?
“Ero giovane e facevo il fotografo di moda. Stavo lavorando a Pitti Moda e la rivista che andava di più era appunto Vogue. Il numero dedicato a quella manifestazione era un tomo da enciclopedia e bastava avere una pagina lì sopra per garantirsi il futuro commerciale per l’intera stagione. Mi venne il dubbio che il nome Vogue non fosse registrato nel mondo degli occhiali. Me ne accertai e poi lo registrai io. Contemporaneamente feci la pubblicità sulla rivista Vogue e mi feci dare mille cartelli con la pagina pubblicitaria degli occhiali Vogue visti su Vogue. UN successo clamoroso e immediato.”
Possiamo quindi parlare di tempestività di capacità innate e aggiungerei di perseveranza.
“ Sì, molta perseveranza. Quando ho iniziato avevo una 500 Fiat che costava 450 mila lire. Per fare esperienza seguivo toscana, Umbria, Marche, Emilia Romagna, veneto e Sardegna. Ricordo delle nebbie impensabili oggi nella zona di Ferrara e io che marciavo giorno e note con la mia 500. Dovevo imparare, dovevo realizzare e volevo farcela: per me e per il mondo dell’ottica che ho imparato ad amar giorno dopo giorno. Da allora dopo I Vogue ci sono stati Nouvelle vague, Gherardini, Basile, Donna e poi quelli con il mio nome e tutti quelli che ho disegnato per molti altri. È una passione grandissima che mi porta a non fermarmi a disegnare ancora per molti produttori. Mi piace troppo questo lavoro, mi diverte. E poi se posso insegnare qualcosa a qualcuno sono felice di farlo.”
E poi c’è la targa di oggi, un riconoscimento importante a una carriera e un impegno unici.
“Ricevere una targa da Mario Casini è un riconoscimento per me importante e estremamente gradito. Tutti noi sappiamo chi sia Mario Casini, quale storia abbia alle spalle. Ma direi che oggi è importante anche il contesto in cui si è svolta la manifestazione : ottici di alto livello con una storia importante alle spalle. Davvero credo che sia un momento importante di cui sono molto contento.