Aru Eyewear, accessibilità fa rima con qualità

Prodotti pensati progettati e costruiti in italia, partendo da materiali e lavorazioni italiane. Un prodotto di qualità elevata che ha scelto di non puntare sull’apparenza ma sulla sostanza

Per persone non ordinarie, recita il claim di ARU Eyewear di Milano. Del motivo che ha portato a questa scelta parliamo con Daniela Verazzo, anima propulsiva del marchio nato nel 2019 ma che i breve tempo si è conquistato il proprio spazio sulla ribalta del settore.

Architetto Verazzo, partiamo proprio dai motivi che hanno fatto nascere Aru eyewear e dalle caratteristiche che sono imprescindibili dal suo marchio
“Aru è una parola che ha il compito di fare da richiamo a un termine giapponese. Significa sostanzialmente sole, luce brillante, primavera. E questo è ciò che si ritrova nei nostri modelli. Anche se sono ideati, progettati e realizzati interamente entro i confini italiani. Non esistono molte lingue che riescano a includere tanti significati in un solo termine. Il nostro scopo è unire in un solo prodotto ciò che di meglio c’è nell’architettura e il design.

Quindi disegno creativo, studio della funzione reale che calzata e struttura debbono avere, ricerca sui materiali coniugata con la tecnica più innovativa. Il punto di sintesi è la perfetta comunione fra architettura, moda e design: cioè il made in Italy di qualità.”

Parliamo di prodotto e di ciò che avete ideato negli ultimi mesi
“Al posto d’onore metterei certamente il modello Avanguardia che abbiamo portato proprio al DaTe. È un occhiale in edizione limitata ispirato al lavoro di Aldo Loris Rossi, architetto scomparso pochi anni fa e specializzato nell’operare sulla materia cemento creando salti, vuoti, pieni, spazi diversi. Costruttore di utopie, progettista di edifici a cemento nudo con cilindri, elementi autonomi a sbalzo, che si espandono e si riducono a vari livelli, soluzioni formali allusive che infrangono i criteri razionalistici e convenzionali. Questi gli elementi che abbiamo voluto ricreare nella montatura, vuoti pieni, curve e linee spezzate. Il tutto all’insegna dell’assenza di linee rettilinee. Nel nostro caso stando particolarmente attenti all’utilizzo di materie e lavorazioni a basso impatto ambientale, alla sostenibilità della filiera che deve essere corta. Quindi per molti versi una scelta di avanguardia senza però staccarsi dalla realtà di tutti i giorni.

Se vuole, oltre l’occhiale nella nostra produzione c’è TORQUE, il nome nella tradizione latina indicava un monile prezioso, è  il bijoux e reggi-occhiali di ARU. La versione più sportiva e genderless è in PLA, polimero ottenuto dalla macinazione del mais, con cordino in cotone rifinito in ceratura naturale, con esclusivo utilizzo di prodotti naturali. Tutto al 100% biodegradabile. La versione Fashion, in diversi colori, ha la catena metallica con galvanica in oro 18k in diversi colori ed il delta in galalite, materiale proveniente dalla caseina,  derivato del latte.”

Cosa intende con il concetto di “avanguardia che non si dissocia dalla realtà quotidiana”?
“La questione sta tutta nella portabilità quotidiana dell’occhiale. Il nostro volutamente non è un prodotto esclusivo nel prezzo. Anzi il suo compito è proprio quello di essere alla portata di tutti: per noi l’accessibilità al prodotto attraverso un prezzo molto concorrenziale è il nodo della questione. Credo che dare la possibilità di fare indossare un occhiale ben fatto, con materiali di livello e con un approccio alla filiera il più compatibile sotto il profilo ambientale sia indispensabile.

Il nostro acetato ad esempio è particolarmente attento all’ambiente: infatti ha un livello di solventi molto più basso della media per ridurne l’impatto ambientale. Medesima attenzione c’è per tutte le altre componenti che servono a completare la filiera. Fare un prodotto con caratteristiche di questo livello e poi venderlo a prezzi esorbitanti sarebbe un po’ come tradire la nostra mission.”

Visto che ha citato l’argomento, parliamo di prezzi.
“Il ruolo del prezzo è fondamentale. Sono convinta che si debba attuare una politica saggia sotto questo profilo:da una parte si deve entrare in sintonia con l’ottico e dall’altra anche con il cliente finale. Il cliente finale deve avere la possibilità di indossare un occhiale che calzi bene, abbia indossabilità, non scolorisca, non si rovini, che non si rompa per un nonnulla. Tutti concetti questi che però devono prima essere compresi e condivisi dall’ottico che, solo dopo averli fatti propri potrà spiegarli e proporli al cliente offendo un occhiale di qualità a un prezzo accessibile. Ecco la parola chiave è accessibilità.

Qui il cliente non compra un nome, compra la sostanza, la affidabilità, il design di qualità, la realizzazione totalmente italiana, i materiali, le lavorazioni e le finiture di alto livello. Non vendiamo un logo, vendiamo un prodotto.”

Tutto questo come si spiega all’ottico che molto spesso si sente facilitato nel proporre un marchio conosciuto e quindi più facile da vendere?
“Spiegando e mostrando. Chiaro che si tratta di un lavoro più lungo e faticoso che non sempre gli agenti possono fare con tranquillità visti i ritmi con cui devono operare quotidianamente. Per questo appena mi è possibile, anche io indosso i panni del commerciale e vado a spiegare ai singoli ottici i perché del prodotto: l’asta fatta in un certo modo, le cerniere di un certo tipo, burattatura e la lucidatura realizzate seguendo determinate regole. Si tratta di cose che devono essere spiegate all’ottico con calma e precisione. In fondo è un percorso formativo che fa bene a tutti. A noi, agli ottici e soprattutto al cliente finale che se si sentirà consigliato bene dall’ottico, ritornerà in negozio per nuovi acquisti.”

Lei ha parlato di Made in Italy come centro focale della sua produzione. Ci può dare qualche dettaglio?
“la nostra filiera è di grande rispetto. I nostri occhiali sono creati mettendo insieme il meglio di quello che si può ottenere in Italia. Tanto che stiamo preparando la tracciabilità dei nostri prodotti, partendo dal metallo che arriva dalla provincia di Belluno, fino alla Puglia passando per la Toscana, la Lombardia e Veneto.”